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venerdì 13 maggio 2016

BDSM

L'immaginazione sessuale è illimitata
quanto a prospettiva e a forza metaforica
e non potrà mai essere davvero repressa (...)
Specialmente adesso che il sesso sta diventando
sempre più un'azione concettuale, intellettualizzata,
lontana sia dall'affetto che dalla fisiologia,
si devono tenere ben presenti i meriti delle perversioni sessuali".

(Ballard, J.G., La mostra delle atrocità)




Nato negli Stati Uniti intorno al 1985, il BDSM nel suo insieme raccoglie centinaia di differenti pratiche e situazioni erotiche in cui un partner si abbandona alla volontà e alle fantasie dell'altro. BDSM rappresenta la fusione di quattro acronimi,:
Bd o Bondage: indica la costrizione del corpo del partner, la sua immobilizzazione, e tutti gli atti che tendono a ridurne temporaneamente la libertà attraverso corde, foulard o altri oggetti.
D o Discipline: è la pratica dell'obbedienza, l'insieme di regole che il dominante dà al sottomesso per regolare il loro rapporto.
D/s o Domination/submission: indica la cessione ( volontaria, temporanea e revocabile) del potere decisionale di un dei due partner (sub) all'altro (Dom). Gli anglofoni utilizzano il termine Total Power Exchance - TPE (Totale Scambio di Potere) per definire questo processo.
S/m o Sadism/ masochism: al di là di tutte le varie implicazioni che questi termini di derivazione letteraria hanno avuto in ambito filosofico e psicologico, questa dicotomia indica comunemente la rierca del piacere attraverso il dolore, inferto (sadismo) o subìto (masochismo).
Storicamente alcuni importanti voci psicanalitiche interpretano il BDSM come evidenza di una condizione psicopatologica sottostante, con radici in precoci esperienze traumatiche (Storolow, 1975; Valenstein, 1973) nel fallito raggiungimento di tappe evolutive ed in conflitti infantili irrisolti (Blum, 1976). In controtendenza agli studi psicoanalitici, Wismeijer e Van Assen hanno pubblicato i risultati di una recente ricerca (maggio 2013), volta ad indagare le caratteristiche psicologiche dei soggetti che praticano il BDSM. Dai risultati della ricerca emerge che le caratteristiche della sessualità bondage non permettano di ipotizzare la presenza di un nuclei patologico sottostante di per sé, ma che possano essere interpretate in primis come scelte ludiche e ricreative da parte della persona. 

venerdì 6 maggio 2016

LE PERVERSIONI MINORI

Il mondo non è diviso in pecore e capre.
Non tutte le cose sono bianche o nere.
È alla base della tassonomia che la natura raramente ha a che fare con categorie discrete. Soltanto la mente umana inventa categorie e cerca di forzare i fatti in gabbie distinte.
Il mondo vivente è un continuum in ogni suo aspetto.”
(A. C. Kinsey)




Le parafilie o, più comunemente, perversioni, sono da sempre oggetto di profondo interesse.
Ciò che distingue una perversione è la sua qualità di fissità, ovvero la sua caratteristica di assolutezza. Il soggetto che ne è vittima non ha alternative al fine di raggiungere la soddisfazione del suo impulso sessuale, che si manifesta alla stregua di una ossessione di tipo compulsivo della quale non ha alcuna consapevolezza.
Solitamente il soggetto parafiliaco non comunica all'altro le proprie intenzioni, le proprie emozioni ed i propri sentimenti, ma li impone.
Accanto alle perversioni classiche (o maggiori) più frequentemente conosciute (esibizionismo, sadismo, masochismo, voyeurismo, ecc.), l'ultima versione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali stilata dall'America Psychiatric Association nel 2014 (DSM-5), identifica le cosiddette perversioni "minori" incluse nella categoria disturbo parafilico con altra specificazione:: la scatologia telefonica (telefonate oscene), la coprofilia (feci), l'urofilia (urine), la clismafilia (clisteri), la necrofilia (cadaveri), ne sono solo alcuni esempi.

venerdì 13 novembre 2015

Paradosso


"Non si può insegnare la verità...
il paradosso dei paradossi è che
il contrario della verità è ugualmente vero".
H. Hesse

PARADOSSO

Definizione: E' una contraddizione logica che spiazza il paziente, poiché in una stessa comunicazione sono presenti due messaggi contraddittori. In psicoterapia viene spesso utilizzato attraverso la prescrizione della resistenza e/o del sintomo. Il paziente in seguito ad una comunicazione prescrittiva paradossale di trova nella posizione di seguire le indicazioni del terapeuta, e quindi assecondarlo, o non seguirle e quindi sbloccare la sintomatologia.
Elementi: aggirare le resistente, utilizzando una prescrizione che prevede che in qualsiasi caso il soggetto faccia qualcosa a favore del suo benessere, nella direzione del lavoro di terapia e quindi della risoluzione del problema.
Procedure correlate: doppio legame, prescrizione del sintomo, linguaggio suggestivo, illusione d'alternativa.
Applicazione: Disturbi d'ansia, attacchi di panico, disturbi dell'alimentazione, disturbi sessuologici, ipocondria, coppia, depressioni secondarie reattive.

Primo impiego: C.G.Jung 1921, Milton Erikson 1956
Caso clinico
Viene nel mio studio, in seguito all'invio del suo medico curante, un uomo di circa 40 anni che improvvisamente, dopo un periodo di stress, aveva sviluppato la certezza di essere gravemente malato di cuore.

domenica 8 novembre 2015

Ipnosi





"E voglio che tu scelga un momento nel passato
 in cui eri una bambina piccola piccola.
E la mia voce ti accompagnerà. 
E la mia voce si muterà in quelle dei tuoi genitori,
dei tuoi vicini, dei tuoi amici, dei tuoi compagni di scuola e di giochi, 
dei tuoi maestri. E voglio che ti ritrovi seduta in classe, 
bambina piccolina che si sente felice di qualcosa, 
qualcosa avvenuto tanto tempo fa, qualcosa tanto tempo fa dimenticato".
Milton H. Erickson



Definizione: Modificazione dello stato di coscienza che si ottiene attraverso specifiche procedure induttive sia verbali che non verbali, sia dirette che indirette.
Elementi: Induce uno stato di rilassamento profondo in cui il soggetto rimane in contatto con la voce dell'ipnoterapeuta e con il proprio io inconscio, tralasciando le altre sensazioni corporee o legate al quotidiano. La Regressione, permette di rivivere periodi della propria vita, anche lontani, in maniera vivida, e grazie all'intervento dell'ipnotista può essere rassicurato e agire in maniera da rimuovere sensazioni negative legate agli eventi interessati.

lunedì 5 ottobre 2015

La topolina presuntuosa

Il tema delle donne che redimono gli uomini con il dono del loro amore disinteressato, perfetto, che accetta qualsiasi cosa, non è affatto un'idea moderna. Le favole, dando corpo alle lezioni più importanti della cultura che le crea e le perpetua, continuano ad offrire da secoli diverse versioni di questo tema.
Un antichissimo racconto popolare catalano, La Rateta Presumida,(La topolina presuntuosa), ne è un chiaro esempio.
Una topolina decide di comprare un fiocco rosa che lega sulla coda, e immediatamente, come per una legge di natura, arrivano i pretendenti che non l'avevano notata finora; la vedono grazie a quel fiocco.
I tacchi a spillo, la scollatura, le giarrettiere, il reggiseno a balconcino, il seno nuovo:i tempi cambiano, ma il senso è quello. 
Il fiocco.

venerdì 14 agosto 2015

E se lo stalker fosse Lei?


"Considerare l'agire violento degli uomini soltanto come
 l'espressione di una patologia, 
come uno sviluppo psicologico o sociologico errato,
 non conduce ad alcun risultato.
Dobbiamo invece accettare il fatto che
 la violenza è parte della natura dell'uomo in quanto creatura, 
e la cosa ci inquieta profondamente". 
(Adolf Guggenbuhl-Craig)




Lo conferma l'Osservatorio nazionale stalking: molto difficilmente una donna che perseguita arriva all'omicidio. Preferisce limitarsi ad inseguire, invadere in modo capillare, subdolo e spesso tecnologico la vita dell'oggetto dei suoi desideri: se non può avere quell'uomo, casomai, il suo sogno è isolarlo dal mondo e coprirlo di ridicolo.
Iscriverlo una volta per tutte nel registro degli "sfigati". 
Ne parliamo con Lucia Rosa Cantafio, psicologa e sessuologa.
Articolo di Simonetta Camitini.

lunedì 27 luglio 2015

Il corpo come giocattolo della mente

Quando il dolore non trova sfogo nelle lacrime,
altri organi piangono
(Henry Maudsley)




Tutti noi abbiamo la tendenza a somatizzare quando alcune circostanze dentro o fuori di noi, oltrepassano i modi psicologici di resistenza cui siamo abituati. E non potendo utilizzare le parole per veicolare i pensieri, si è costretti a reagire psicosomaticamente, a un’emozione dolorosa. 
Il nostro corpo può diventare il contenitore di conflitti interni, angosce, ed emozioni non riconoscibili o non  accettabili.
Di fronte a un medesimo conflitto, un individuo risponderà con la stipsi, un altro con la psoriasi . Solo a posteriori, attraverso la raccolta anamnestica che ci introduce nell’ambiente primario che ha fatto da sfondo alla comparsa del disturbo e mediante un percorso terapeutico , possiamo comprendere perché un soggetto scelga un sintomo piuttosto che un altro. In altri termini, il “linguaggio” del soma è un linguaggio che possiede vari “dialetti”…..

venerdì 10 luglio 2015

PARLIAMO ANCORA DI INFERTILITA’


Cosa succede dopo la diagnosi? 
L’infertilità, definita dall’OMS come l’incapacità di procreare dopo almeno 12 mesi di rapporti sessuali frequenti e non protetti (primaria se la donna non è riuscita a portare a termine neanche una gravidanza), è una condizione clinica potenzialmente reversibile, ma può rappresentare anche un crisi psicologica o, perlomeno, una variabile aggiuntiva da dover affrontare nel proprio percorso di vita.

martedì 23 giugno 2015

L’ITALIA IN… FERTILE Fotografia psicosociale della genitorialità oggi


Il carattere sempre più autonomo e responsabile che il cittadino mostra oggi nei confronti del proprio benessere fa di salute e malattia il terreno su cui si misurano bisogni individuali e collettivi, esigenze e alterazioni biofisiche. Avere dei figli è un diritto e rappresenta il futuro della nostra società, ma pare un valore messo sempre più in dubbio nel nostro Paese. 
La Costituzione italiana tutela la procreazione cosciente e responsabile e riconosce la sterilità o l’infertilità come una condizione clinica critica. In linea con questo, la letteratura scientifica internazionale ha descritto bene il disagio psicologico che il singolo o la coppia, interessata ad avere figli, provano quando non riescono nel loro obiettivo¹: l’impatto dell’infertilità sul funzionamento psicologico o sull’equilibrio della coppia può esser molto forte ².

venerdì 5 giugno 2015

L' empatia come strumento per porre fine alla prigionia dei “Devo"!



Per definire psicologia e caratteristiche dell’empatia è utile far riferimento anzitutto alla psicologia umanistica e in particolare a Carl Rogers, uno dei primi ad occuparsi dell’empatia e del suo ruolo nelle relazioni umane. Secondo la definizione di Rogers, "l’empatia è la capacità di utilizzare gli strumenti della comunicazione verbale e non verbale per mettersi nei panni dell’altro, identificandosi parzialmente nel suo mondo soggettivo nel contesto di un’accettazione autentica e non giudicante, evitando la fusione e mantenendo i confini del proprio Sé".
Nel concetto di empatia, psicologia e caratteristiche di personalità sembrano determinanti nel sostenere quella “capacità di mettersi emotivamente” e cognitivamente nei panni dell’altro che viene considerata un elemento essenziale di relazioni affettivamente soddisfacenti.
L’empatia non è tuttavia una dote “magica”, ma una capacità complessa che presuppone anche una buona gestione delle proprie emozioni.

martedì 25 marzo 2014

Giù le mani dalla psiche. Ecco perchè il DSM-5 sbaglia.

Fonte: http://espresso.repubblica.it/visioni/scienze/2014/03/21/news/giu-le-mani-dalla-psiche-il-dsm-5-tutto-sbagliato-1.158037


«La fame di ricette semplici trova nel Dsm-5 la sua epifania più sconvolgente». Così Eugenio Borgna, uno dei più grandi psichiatri italiani, studioso della “dimensione profonda e soggettiva del disagio psichico”, come ricorda su di lui la Treccani, commenta la quinta edizione del manuale di riferimento per la salute mentale nel mondo: il cosiddetto “Dsm”. Firmato dall’ American Psychiatric Association , il tomo che classifica l’animo umano in oltre 300 potenziali disturbi arriverà in Italia il 28 marzo, tradotto da Raffaello Cortina .
Dopo tredici anni di lavoro e decine di migliaia di esperti coinvolti in studi e conferenze, i guru statunitensi della mente hanno stabilito «un linguaggio comune» per definire i nuovi «standard» con cui «la vita di milioni di individui» può essere compresa nelle sue patologie (parole del presidente del progetto, David Kupfer) mettendo nero su bianco quali sofferenze possono essere chiamate «disturbi» e quali no, da quali avvisaglie possiamo capire se un bambino è iperattivo o un amico depresso, secondo quali test (sì, ci sono anche i questionari a crocette) la nostra ansia andrebbe curata con un blister oppure la timidezza che mostriamo in pubblico avrebbe bisogno di una terapia. Uno strumento apprezzato, utile, usato. Ma anche oggetto di profonde critiche.
«Come già aveva scritto Kafka, è più facile prescrivere delle ricette, fare delle diagnosi, che non invece ascoltare chi sta male, perché quest’ultima cosa esige tempo, esige attenzione, esige riflessione»: dal suo studio di Novara, Borgna commenta così queste «tavole della legge che presentano soltanto paradigmi esteriori», perché sconfessano in partenza, dice, quello che dovrebbe essere il fondamento della psichiatria.

Cosa c’è che non va nel manuale?

«Le premesse. Queste tavole chiedono che tutti guardino con gli stessi occhi gli stessi sintomi. Sintomi che si dovrebbero ripetere identici in ogni parte del mondo. Ma la tristezza, l’angoscia, la colpa, la volontà di morire, le esperienze dell’animo umano non possono essere classificate come se si trattasse di una pancreatite. Non basta riconoscere dei segni esteriori, dei comportamenti evidenti, per stabilire cosa sta succedendo in quell’interiorità. Queste tavole finiscono per escludere a priori l’unico elemento che conta davvero quando si tratta di fare una diagnosi psichiatrica: la soggettività».

Non è utile avere degli schemi che spieghino come riconoscere una malattia?

«Stiamo parlando di oltre 300 diagnosi. Ovvero di una furia classificatoria che ha perso ogni giustificazione. Il “Dsm” è uno strumento utile quando si tratta di circoscrivere e individuare i sintomi principali di malattie codificate come la schizofrenia. Ma i mille occhi dei medici che hanno redatto queste 947 pagine arrivano a micro-visioni analitiche che rischiano di rendere patologica ogni forma di sofferenza».


Pensa a disturbi come l’ansia sociale o al fatto che il lutto non sia più inserito tra le “giustificazioni” per escludere una diagnosi da depressione?

«Penso a tutte quelle descrizioni che sembrano suggerire l’idea per la quale ogni ostacolo ci impedisca di corrispondere a una vita che scorra senza problemi, senza cadute, senza dolore, senza tristezze, dev’essere etichettato come patologico. Il “Dsm” è un edificio costruito su parole aride. Uno sguardo rivolto ai segnali esteriori della malattia, che non considera l’interpretazione della soggettività che si ha di fronte. Eppure solo ascoltando l’altro potremo capire se la sua sofferenza è patologica oppure no».

Ma è una necessità medica quella di dare delle regole scientifiche alla disciplina.

«Dipende da cosa consideriamo scientifico. Se pensiamo che la psichiatria sia una scienza naturalistica, che si occupa di problemi riconducibili a disfunzioni biologiche, allora sì. Non è così però. La depressione non è l’appendicite. Le forme che può assumere il dolore cambiano a seconda del contesto sociale e ambientale di quella persona. Cambiano a seconda delle origini di quella sofferenza. Cambiano addirittura a seconda di come noi stessi ci relazioniamo con il paziente. E se non indaghiamo le cause profonde, interiori, da cui scaturisce la tristezza, non saremo mai in grado di fare una buona diagnosi. Questo sguardo però è escluso dal manuale di cui stiamo parlando».

giovedì 13 marzo 2014

Ansia....in pillole!


A volte si nasconde dietro una sensazione di tremore e di debolezza alle gambe, un’abbondante sudorazione, un respiro affannoso e un senso di palpitazione al cuore; non di rado diventa eccessiva preoccupazione per il futuro, timore di non risolvere i problemi del momento e tendenza a torturarsi con i propri pensieri. Questi sono solo alcuni modi con cui si presenta l’ansia, compagna di vita di tutti noi. L’ansia, dunque, può essere definita come una sensazione sgradevole di apprensione e di aumento della tensione che si provano nel prevedere un certo problema; si differenzia dalla paura che invece è una reazione ad un pericolo immediato. Mentre la paura riguarda tendenzialmente una minaccia presente, l’ansia è relativa ad una minaccia futura, a qualcosa che potrebbe verificarsi.
Borgna, nel differenziare l’ansia dalla paura, definisce l’ansia come “un’esperienza improvvisa o continuata, di spaesamento e di inquietudine (di sventura imminente) che ha in sé qualcosa di in-determinato e di liberamente fluttuante”; definisce invece la paura come “uno stato d’animo, di un’espressione emozionale, che si indirizza su una situazione reale e concreta dotata, certo, della connotazione pericolo e di rischio ma non oscura e non ignota”.

martedì 22 ottobre 2013

Liberi dall'inganno della dipendenza


Dott.ssa Elena Cortese – Unità Operativa Complessa/Ser.T. ASL RM/C di Via Appia Antica 220 Direttore Dott. Claudio Leonardi.

 
Soggetti dipendenti da sostanze stupefacenti, da alcol, da farmaci e da nicotina e le famiglie con difficoltà legate all'abuso di tali sostanze, rappresentano le categorie di utenti che abitualmente si rivolgono ai Ser.T., ovvero ai “servizi pubblici per la prevenzione e la cura delle tossicodipendenze”.
La dipendenza da droghe (meglio definibili come sostanze stupefacenti) è una dipendenza da sostanze chimiche estranee e nocive al nostro organismo, che si manifesta con un grande desiderio di assumere una sostanza, in anglosassone, il cosiddetto “craving”. Questa dipendenza può essere fisica e psicologica: è fisica perché l’organismo richiede con insistenza l’assunzione (in quantità sempre maggiore) di altra sostanza stupefacente, altrimenti non funziona; è, invece; psicologica perché l’assunzione della sostanza di abuso risulta molto gratificante e piacevole tanto che l’assuntore, anche per motivi legati alla dipendenza fisica, non riesce a farne a meno.
La droga cambia le persone e le annulla come esseri umani, ne impedisce la crescita spirituale e la maturità intellettiva; li mantiene dei "bambini" mai diventati adolescenti. Per questi motivi i tossicodipendenti non riescono ad occuparsi di se stessi autonomamente e sono  “costretti” in un certo senso a chiedere aiuto, a cercare un sostegno di tipo "genitoriale" che, forse, non hanno mai ricevuto e vissuto. A questo si aggiungano i problemi correlati alla dipendenza fisica ed alle patologie correlate alla tossicodipendenza (Epatite C ed AIDS). Il Ser.T. è la sede sanitaria che può offrire questo tipo di assistenza a 360 gradi, sia medica, che psicologica, che sociale. In tali strutture, infatti, esiste personale qualificato che da anni ormai lavora ed opera con la realtà delle “dipendenze patologiche”. Medici, psicologi, assistenti sociali, psichiatri e infermieri, ogni giorno sono impegnati in un lungo e difficoltoso cammino di ricostruzione dell’individuo con problemi di dipendenza, con l’obiettivo del pieno reinserimento nel tessuto sociale e lavorativo.

mercoledì 16 maggio 2012

Crisi economica e suicidio: unica strada possibile?!


“Ancora un suicidio per colpa della crisi, si impicca imprenditore disperato” 
sembra essere notizia ricorrente di quest’ultimi mesi, durante i quali l’attenzione alla condizione finanziaria occidentale è salita diventando stato d’allerta.
 È realtà innegabile che ci troviamo in un periodo storico-economico difficile, c’è da considerare tuttavia che la preoccupazione che questa realtà genera nella cultura occidentale è sicuramente diversa rispetto a quelle culture in cui il benessere materiale non c’è stato, non c’è tutt’ora e per molto altro tempo probabilmente non ci sarà.
La psicologia ci dà ragione del fatto di come non sia l’evento in sé a scatenare il disagio psicologico ma la percezione di esso, a ragione di ciò il processo di cambiamento non parte certo stravolgendo la realtà oggettiva, ma modificando gli schemi di lettura della stessa da parte dell’individuo. Così facendo quello che sembrava un tunnel senza uscita di malessere e impotenza si trasforma in una mappa di strade possibili.

venerdì 10 febbraio 2012

Migrazioni e cultura, tra confini e soglie


 di Lilian Pizzi

In una realtà sociale in cui i cambiamenti sono rapidi e l’incontro con altre culture è inevitabile e quotidiano, vale la pena interrogarsi sul rapporto che lega cultura e migrazione. L’antropologia colloca il termine “cultura” tra le due o tre parole più complesse delle lingue dell’Europa occidentale, pertanto trovare una definizione comunemente accettata non è un’impresa semplice. Tra le tante voci, l’antropologa Erika Bourguignon definisce la cultura come “la soluzione variabile a problemi costanti”, come il risultato del dialogo serratissimo tra una comunità ed un territorio: quali dimensioni sono coinvolte in tale incontro?

lunedì 30 gennaio 2012

Psicologia positiva

di Lilian Pizzi

Le discipline biomediche, psicologiche e sociali sono ultimamente sempre più impegnate a concentrare la propria attenzione sulle risorse dell’individuo per migliorarne l’inserimento attivo nella società.
Affinché i professionisti della salute possano aiutare a migliorare gli standard di vita, occorre  prima di tutto identificare e definire le dimensioni dell’esperienza dello “star bene”, per poi mettere a punto strategie capaci di rendere le persone in grado di valutare la qualità della propria vita, tenendo presente che le condizioni che ne consentono una piena realizzazione variano molto da un’età all’altra, da una cultura all’altra, o da un gruppo sociale all’altro.
A dispetto o, forse, proprio in ragione del clima altamente stressogeno che contraddistingue il periodo storico in cui viviamo, i professionisti della salute sembrano dedicarsi, quindi, in maniera sempre più esplicita al benessere.

venerdì 25 novembre 2011

Telefono, televisione, computer, videogame, Internet … possono diventare un’ossessione?

di Giusy Nasello

La società contemporanea deve oggi tener conto dello sviluppo tecnologico, che diventa parte integrante della nostra vita, delle nostre case, del nostro modo di comunicare, del nostro modo di giocare ed intrattenere, ecc.
Come tutti gli strumenti tecnologici, il computer, la TV, la play-station, ecc, provocano riflessioni contrastanti sull’interazione uomo-macchina. Da un lato sono strumenti che permettono all’uomo di svagarsi, di economizzare sul tempo, di raggiungere distanze, di comunicare a più livelli, dall’altro possono trasformarsi in macchine di potere, tanto da rendere il suo fruitore vittima più o meno inconsapevole.
Le macchine non sono mai state intelligenti, mai lo saranno, perché ad esse mancherà sempre il “senso comune”, la capacità di intuizione, la capacità di decodificare il linguaggio non-verbale, pertanto non possono in alcun momento sopraffare l’uomo, a meno che non sia l’uomo a volerlo.


sabato 19 novembre 2011

IL POZZO DEI DESIDERI: SESSO, DAMMI LA FELICITÀ


di Giusy Nasello, Alba Maria Tonarti.

      La fiaba medievale “Il pozzo dei desideri” racconta di una bambina di nome Matilde il cui unico desiderio era quello di non desiderare. Ciò nonostante la bambina si recava al pozzo dei desideri e lanciava la sua monetina, e mentre nella sua mente riecheggiava la filastrocca “Stellina bianca nella notte nera, dormi di giorno e attendi la sera e non aver paura perché, ed è cosa vera, la vita aiuta spesso chi spera”, lei non riusciva ad esprimere nessun desiderio. Matilde viveva in un incubo iniziato da molto piccina, quando, trovandosi al palazzo insieme alla sua mamma, i cavalieri che stavano assediando il castello invasero il Regno, e tutto ciò che fino a quel momento aveva portato felicità nel suo cuore cadde come un ponte mal costruito. Lei rimase sola, non vide più il volto della madre, non sentì più il suo profumo, i suoi abbracci, le sue carezze,….solo la sua voce echeggiava con quella filastrocca, l’unica a tenerle compagnia.
            Ogni sera, prima del tramonto, Matilde si recava al pozzo e lanciava la sua monetina vuota, e affacciandosi al bordo non vedeva altro che il suo volto riflesso e tante monetine sul fondo che aspettavano di realizzarsi in un desiderio, in un sogno.