TORNARE A CASA
Dott.ssa Rita Pancaldo
Psicologa – Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Parlare di tornare a casa
in un tempo in cui la maggior parte delle persone già sta a casa può
senz’altro sembrare strano.
In realtà, stiamo
parlando di un altro modo di “tornare a casa”, cioè a
quell’esperienza di contatto con sé stessi, che in questi tempi
quanto meno anomali, ci potrebbe far ritrovare sensazioni di
tranquillità, di radicamento interno, di familiarità, di presenza
di sé.
E come possiamo fare?
Un modo è concedersi di
“fermarsi” proprio in senso fisico, sospendere quello che si sta
facendo e, come suggerisce ad esempio la Mindfulness, sedersi
assumendo una postura stabile, eretta ma non rigida e portare
l’attenzione alla respirazione, al respiro che entra e che esce,
osservandolo nel suo percorso. Si tratta di “far caso” a come si
respira, alle pause tra inspirazione ed espirazione, alle parti del
corpo che si muovono mentre si respira. È uno dei primi passi della
pratica di Mindfulness.
Che cos’è la
Mindfulness?
È una pratica di
meditazione che deriva dalla tradizione meditativa buddista; è stata
introdotta in Occidente nei primi anni 80 dal Prof. di medicina Jon
Kabat-Zinn che cominciò ad applicarla ai pazienti ricoverati presso
l’ospedale della Boston University.
Per quanto tempo
bisogna stare seduti ad osservare il respiro?
Si può partire da pochi
minuti, 5-10, e poi con la pratica si può aumentare. Si può partire
anche da un minuto. Per un minuto mi fermo e, se mi trovo a mio agio
chiudo gli occhi, altrimenti guardo un punto davanti a me, e riscopro
il mio respiro … e poi decido se continuare o fermarmi.
Come faccio a sapere
se sto meditando bene oppure no?
Non c’è un modo
corretto o sbagliato. Si tratta di fare l’esperienza del proprio
respiro e nessuno può dire che la tua esperienza è sbagliata o è
corretta. È la tua esperienza. Si porta l’attenzione al respiro
così come sappiamo portare la nostra attenzione a tanti momenti e
azioni della quotidianità. Ognuno di noi ha già esperienza di
questo stato. In noi c’è il ricordo di questo stato.
Nello specifico, si
tratta di scegliere un momento in cui mi dedico intenzionalmente a
questo tipo di esperienza, dirigendo l’attenzione a una cosa che è
sempre con me: il respiro. Il suggerimento che si può dare è quello
di non modificare il respiro, ma osservarlo così come avviene.
Ma quando provo a fare
qualcosa con attenzione spesso mi viene di pensare a tutt’altro …
Questo vuol dire che la
tua mente funziona in modo normale. La mente per sua natura tende a
divagare, a cambiare scenari, a pensare tanti pensieri, forme, suoni,
ricordi. Se la mente non fosse in grado di divagare potremmo rimanere
ancorati a un contenuto mentale per anni, come un disco rotto.
Sarebbe terribile e inquietante. Meditare non significa “fissarsi”
su qualcosa e avere in mente solo quello. Nella meditazione di
Mindfulness si tratta di portare la propria attenzione allo
svolgersi dell’esperienza così come avviene senza giudizi del
tipo: “sto meditando bene … sto meditando male … non dovrei
pensare a cosa mangiare questa sera” (che poi in questo
periodo è difficile non pensare a cosa mangiare …) e se ti viene
da pensare: “sto meditando male” o altro, semplicemente lo
noti e ritorni al tuo respiro, con un’attenzione gentile e
benevola.
Ma per meditare
bisogna stare per forza seduti?
Si suggerisce la
posizione seduta, comoda, eretta e non rigida, perché una posizione
del corpo stabile favorisce il movimento di portare l’attenzione al
respiro. Ma nella meditazione di Mindfulness è prevista anche
la meditazione camminata, cioè si medita mentre si cammina.
In generale, mi sento di
dire che, le persone che per una sorta di “disposizione personale”
sono già portate a questo tipo di esperienza possono accedere a
questo stato anche svolgendo un’attività: ad esempio, mentre sto
lavando i piatti, faccio attenzione al mio respiro, e poi al contatto
con l’acqua, alle bolle di sapone, ecc. Ma altre persone possono
trovare più agevole, invece, sospendere quello che stanno facendo e
sedersi in un posto tranquillo. Ognuno di noi è diverso.
Come ti sei avvicinata
alla meditazione?
È un tema che mi ha
attratto fin dall’adolescenza. Ho diverse esperienze personali di
meditazione, alcune veramente belle, ma ho potuto indirettamente
trarre esperienza anche guardando altre persone. C’è un episodio
che ancora oggi riporto alla mente per predispormi alla meditazione o
quando devo affrontare un lavoro impegnativo. Ho avuto modo di
osservare tanti anni fa un operaio mentre buttava giù un’intera
parete per creare una stanza più grande. Lo vidi lavorare con
un’espressione rilassata, attenta, con colpi di piccone sistematici
e ordinati, senza parlare, senza distrarsi. Era totalmente preso da
quello che stava facendo, e non dava l’impressione di essere
stanco. Fece soltanto una pausa per bere un po’ d’acqua e per
cambiare gli attrezzi che stava usando. Il suo lavoro trasmetteva una
sensazione di direzione mentale, di permanenza, di presenza, di
attenzione e di calma, nonostante il rumore infernale del piccone e
del materiale che cadeva.
Allora non resta che
provare …
Sì, bisogna mettersi
nella situazione e cominciare, vedere cosa succede, fare esperienza.
Ma non iniziate buttando giù pareti, della serie: quello era un
professionista … voi non rifatelo a casa …
Rita Pancaldo
Psicologa –
Psicoterapeuta
Cognitivo-Comportamentale
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