mercoledì 13 maggio 2020


TORNARE A CASA
Dott.ssa Rita Pancaldo

Psicologa – Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale

Parlare di tornare a casa in un tempo in cui la maggior parte delle persone già sta a casa può senz’altro sembrare strano.
In realtà, stiamo parlando di un altro modo di “tornare a casa”, cioè a quell’esperienza di contatto con sé stessi, che in questi tempi quanto meno anomali, ci potrebbe far ritrovare sensazioni di tranquillità, di radicamento interno, di familiarità, di presenza di sé.
E come possiamo fare?
Un modo è concedersi di “fermarsi” proprio in senso fisico, sospendere quello che si sta facendo e, come suggerisce ad esempio la Mindfulness, sedersi assumendo una postura stabile, eretta ma non rigida e portare l’attenzione alla respirazione, al respiro che entra e che esce, osservandolo nel suo percorso. Si tratta di “far caso” a come si respira, alle pause tra inspirazione ed espirazione, alle parti del corpo che si muovono mentre si respira. È uno dei primi passi della pratica di Mindfulness.
Che cos’è la Mindfulness?
È una pratica di meditazione che deriva dalla tradizione meditativa buddista; è stata introdotta in Occidente nei primi anni 80 dal Prof. di medicina Jon Kabat-Zinn che cominciò ad applicarla ai pazienti ricoverati presso l’ospedale della Boston University.
Per quanto tempo bisogna stare seduti ad osservare il respiro?
Si può partire da pochi minuti, 5-10, e poi con la pratica si può aumentare. Si può partire anche da un minuto. Per un minuto mi fermo e, se mi trovo a mio agio chiudo gli occhi, altrimenti guardo un punto davanti a me, e riscopro il mio respiro … e poi decido se continuare o fermarmi.
Come faccio a sapere se sto meditando bene oppure no?
Non c’è un modo corretto o sbagliato. Si tratta di fare l’esperienza del proprio respiro e nessuno può dire che la tua esperienza è sbagliata o è corretta. È la tua esperienza. Si porta l’attenzione al respiro così come sappiamo portare la nostra attenzione a tanti momenti e azioni della quotidianità. Ognuno di noi ha già esperienza di questo stato. In noi c’è il ricordo di questo stato.
Nello specifico, si tratta di scegliere un momento in cui mi dedico intenzionalmente a questo tipo di esperienza, dirigendo l’attenzione a una cosa che è sempre con me: il respiro. Il suggerimento che si può dare è quello di non modificare il respiro, ma osservarlo così come avviene.

Ma quando provo a fare qualcosa con attenzione spesso mi viene di pensare a tutt’altro …

Questo vuol dire che la tua mente funziona in modo normale. La mente per sua natura tende a divagare, a cambiare scenari, a pensare tanti pensieri, forme, suoni, ricordi. Se la mente non fosse in grado di divagare potremmo rimanere ancorati a un contenuto mentale per anni, come un disco rotto. Sarebbe terribile e inquietante. Meditare non significa “fissarsi” su qualcosa e avere in mente solo quello. Nella meditazione di Mindfulness si tratta di portare la propria attenzione allo svolgersi dell’esperienza così come avviene senza giudizi del tipo: “sto meditando bene … sto meditando male … non dovrei pensare a cosa mangiare questa sera” (che poi in questo periodo è difficile non pensare a cosa mangiare …) e se ti viene da pensare: “sto meditando male” o altro, semplicemente lo noti e ritorni al tuo respiro, con un’attenzione gentile e benevola.

Ma per meditare bisogna stare per forza seduti?

Si suggerisce la posizione seduta, comoda, eretta e non rigida, perché una posizione del corpo stabile favorisce il movimento di portare l’attenzione al respiro. Ma nella meditazione di Mindfulness è prevista anche la meditazione camminata, cioè si medita mentre si cammina.
In generale, mi sento di dire che, le persone che per una sorta di “disposizione personale” sono già portate a questo tipo di esperienza possono accedere a questo stato anche svolgendo un’attività: ad esempio, mentre sto lavando i piatti, faccio attenzione al mio respiro, e poi al contatto con l’acqua, alle bolle di sapone, ecc. Ma altre persone possono trovare più agevole, invece, sospendere quello che stanno facendo e sedersi in un posto tranquillo. Ognuno di noi è diverso.

Come ti sei avvicinata alla meditazione?
È un tema che mi ha attratto fin dall’adolescenza. Ho diverse esperienze personali di meditazione, alcune veramente belle, ma ho potuto indirettamente trarre esperienza anche guardando altre persone. C’è un episodio che ancora oggi riporto alla mente per predispormi alla meditazione o quando devo affrontare un lavoro impegnativo. Ho avuto modo di osservare tanti anni fa un operaio mentre buttava giù un’intera parete per creare una stanza più grande. Lo vidi lavorare con un’espressione rilassata, attenta, con colpi di piccone sistematici e ordinati, senza parlare, senza distrarsi. Era totalmente preso da quello che stava facendo, e non dava l’impressione di essere stanco. Fece soltanto una pausa per bere un po’ d’acqua e per cambiare gli attrezzi che stava usando. Il suo lavoro trasmetteva una sensazione di direzione mentale, di permanenza, di presenza, di attenzione e di calma, nonostante il rumore infernale del piccone e del materiale che cadeva.

Allora non resta che provare …

Sì, bisogna mettersi nella situazione e cominciare, vedere cosa succede, fare esperienza. Ma non iniziate buttando giù pareti, della serie: quello era un professionista … voi non rifatelo a casa …


Rita Pancaldo
Psicologa – Psicoterapeuta
Cognitivo-Comportamentale


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