Il carattere sempre più autonomo e responsabile che il cittadino mostra oggi nei
confronti del proprio benessere fa di salute e malattia il terreno su cui si misurano bisogni
individuali e collettivi, esigenze e alterazioni biofisiche. Avere dei figli è un diritto e
rappresenta il futuro della nostra società, ma pare un valore messo sempre più in dubbio
nel nostro Paese.
La Costituzione italiana tutela la procreazione cosciente e responsabile e
riconosce la sterilità o l’infertilità come una condizione clinica critica. In linea con questo,
la letteratura scientifica internazionale ha descritto bene il disagio psicologico che il singolo
o la coppia, interessata ad avere figli, provano quando non riescono nel loro obiettivo¹:
l’impatto dell’infertilità sul funzionamento psicologico o sull’equilibrio della coppia può
esser molto forte ².
Più precisamente, l’OMS parla di infertilità dopo almeno 12 mesi di rapporti sessuali
frequenti e non protetti (primaria se la donna non è riuscita a portare a termine neanche
una gravidanza), mentre la sterilità si riferisce a una condizione generalmente stabile,
maschile e/o femminile, che non permette il concepimento³. Questo fenomeno sembra
in aumento sia perché le coppie decidono sempre più tardi di avere un bambino sia per
ragioni di tipo biologico maschile, femminile o di coppia.
Le malattie infettive e stili di vita
scorretti sono tra le cause principali. A queste si aggiungono fattori stressanti (a carico del
benessere psicofisico soggettivo) e ambientali (per esempio l’inquinamento o le difficoltà
eonomiche) sfavorevoli. L’infertilità colpisce oggi il 15-20% delle coppie in Europa e
secondo l’Istituto Superiore di Sanità (consultazione del 5 giugno 2015) in Italia la
percentuale è in linea con il dato europeo.
Lo stato dell’arte del mondo della fertilità in Italia sembra aver colto la complessità
di questa materia. Nelle ultime settimane, il 27 maggio 2015, il Ministero della Salute ha
presentato il Piano Nazionale per la Fertilità (“Difendi la tua fertilità, prepara una culla per
il tuo futuro”)4
in materia di tutela, conoscenza e prevenzione della salute riproduttiva.
Le
azioni proposte e l’istituzione del “Fertility Day” (7 maggio) mirano alla sensibilizzazione
al tema, all’informazione dei cittadini, allo sviluppo di una conoscenza adeguata e ad
un’assistenza sanitaria qualificata. Il Piano in questione riconosce il profilo
multidisciplinare della condizione clinica d’infertilità, che dovrebbe esser sostenuta
dall’accoglienza, attraverso l’orientamento, fino alla decision making riguardo eventuali
diagnosi e trattamenti.
La presenza dello psicologo clinico che accolga la coppia è
riconosciuta basilare “a partire dalla consultazione iniziale e nel proseguo degli incontri
successivi, sia per alleggerire le ansie legate al trattamento stesso, sia per aiutare la coppia
ad elaborare le inevitabili reazioni dolorose in caso di insuccesso” (si veda al proposito le
tecniche di restituzione e comunicazione del referto).
Il passo in avanti del Piano Nazionale non riguarda solo le tecniche di PMA, bensì i fattori
protettivi della “buona salute riproduttiva” già dall’età prepubere. “Aver cura della propria
salute riproduttiva e sessuale fin dall’infanzia è indispensabile per evitare che patologie o
comportamenti scorretti e dannosi possano compromettere la fertilità futura.
La salute
sessuale e riproduttiva è un importante aspetto della crescita e dello sviluppo, in particolare
in età adolescenziale, e il sistema scolastico non può mancare di un programma su larga
scala di informazione ed educazione sessuale, rivolto ai due sessi (l’esperienza maschile è
approfondita perché spesso ignorata sia da un punto di vista educativo che da un punto
di vista preventivo).
Ciò che colpisce è la mancanza di un link tra le buone proposte sanitarie e la
responsabilità della propria sessualità da parte dei protagonisti di queste campagne, che
spesso non si interessano di questi aspetti se non quando, forse, è troppo tardi. I tassi di
denatalità confermano queste riflessioni e dovrebbero spingerci come professionisti del
benessere, e come persone, a porci più domande relative al nostro destino generazionale.
La diminuzione di prospettive lavorative procrastina la “necessità di diventare grandi” e
con essa eventuali progetti familiari e sociali.
Questo tema pare aver colpito l’attenzione
politica, adesso merita senz’altro la nostra!
Dott.ssa Giulia Ulivi
BIBLIOGRAFIA
1.
Chachamovich, J.L., Chachamovich, E., Ezer, H., Cordova, F.P., Fleck, M.M., & Knauth,
D.R., Passos E.P. (2010). Psychological distress as predictor of quality of life in men
experiencing infertility: a cross-sectional survey. Reproductive Health 7(3).
Hart, V.A. (2002). Infertility and the role of psychotherapy. Issues Mental Health Nursing.
23, 31-41.
2.
Peterson, B. D., Newton, C. R., Rosen, K. H., & Skaggs, G. E. (2006). Gender differences
in how men and women who are referred for IVF cope with infertility stress. Human
Reproduction, 21(9), 2443-2449.
3.
World Health Organization. Reproductive Health Indicators for Global Monitoring:
Report of the Second Interagency Meeting. Geneva: World Health Organization. 2001.
4.
Piano Nazionale Fertilità visionabile su
http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2367_allegato.pdf
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