martedì 25 marzo 2014

Giù le mani dalla psiche. Ecco perchè il DSM-5 sbaglia.

Fonte: http://espresso.repubblica.it/visioni/scienze/2014/03/21/news/giu-le-mani-dalla-psiche-il-dsm-5-tutto-sbagliato-1.158037


«La fame di ricette semplici trova nel Dsm-5 la sua epifania più sconvolgente». Così Eugenio Borgna, uno dei più grandi psichiatri italiani, studioso della “dimensione profonda e soggettiva del disagio psichico”, come ricorda su di lui la Treccani, commenta la quinta edizione del manuale di riferimento per la salute mentale nel mondo: il cosiddetto “Dsm”. Firmato dall’ American Psychiatric Association , il tomo che classifica l’animo umano in oltre 300 potenziali disturbi arriverà in Italia il 28 marzo, tradotto da Raffaello Cortina .
Dopo tredici anni di lavoro e decine di migliaia di esperti coinvolti in studi e conferenze, i guru statunitensi della mente hanno stabilito «un linguaggio comune» per definire i nuovi «standard» con cui «la vita di milioni di individui» può essere compresa nelle sue patologie (parole del presidente del progetto, David Kupfer) mettendo nero su bianco quali sofferenze possono essere chiamate «disturbi» e quali no, da quali avvisaglie possiamo capire se un bambino è iperattivo o un amico depresso, secondo quali test (sì, ci sono anche i questionari a crocette) la nostra ansia andrebbe curata con un blister oppure la timidezza che mostriamo in pubblico avrebbe bisogno di una terapia. Uno strumento apprezzato, utile, usato. Ma anche oggetto di profonde critiche.
«Come già aveva scritto Kafka, è più facile prescrivere delle ricette, fare delle diagnosi, che non invece ascoltare chi sta male, perché quest’ultima cosa esige tempo, esige attenzione, esige riflessione»: dal suo studio di Novara, Borgna commenta così queste «tavole della legge che presentano soltanto paradigmi esteriori», perché sconfessano in partenza, dice, quello che dovrebbe essere il fondamento della psichiatria.

Cosa c’è che non va nel manuale?

«Le premesse. Queste tavole chiedono che tutti guardino con gli stessi occhi gli stessi sintomi. Sintomi che si dovrebbero ripetere identici in ogni parte del mondo. Ma la tristezza, l’angoscia, la colpa, la volontà di morire, le esperienze dell’animo umano non possono essere classificate come se si trattasse di una pancreatite. Non basta riconoscere dei segni esteriori, dei comportamenti evidenti, per stabilire cosa sta succedendo in quell’interiorità. Queste tavole finiscono per escludere a priori l’unico elemento che conta davvero quando si tratta di fare una diagnosi psichiatrica: la soggettività».

Non è utile avere degli schemi che spieghino come riconoscere una malattia?

«Stiamo parlando di oltre 300 diagnosi. Ovvero di una furia classificatoria che ha perso ogni giustificazione. Il “Dsm” è uno strumento utile quando si tratta di circoscrivere e individuare i sintomi principali di malattie codificate come la schizofrenia. Ma i mille occhi dei medici che hanno redatto queste 947 pagine arrivano a micro-visioni analitiche che rischiano di rendere patologica ogni forma di sofferenza».


Pensa a disturbi come l’ansia sociale o al fatto che il lutto non sia più inserito tra le “giustificazioni” per escludere una diagnosi da depressione?

«Penso a tutte quelle descrizioni che sembrano suggerire l’idea per la quale ogni ostacolo ci impedisca di corrispondere a una vita che scorra senza problemi, senza cadute, senza dolore, senza tristezze, dev’essere etichettato come patologico. Il “Dsm” è un edificio costruito su parole aride. Uno sguardo rivolto ai segnali esteriori della malattia, che non considera l’interpretazione della soggettività che si ha di fronte. Eppure solo ascoltando l’altro potremo capire se la sua sofferenza è patologica oppure no».

Ma è una necessità medica quella di dare delle regole scientifiche alla disciplina.

«Dipende da cosa consideriamo scientifico. Se pensiamo che la psichiatria sia una scienza naturalistica, che si occupa di problemi riconducibili a disfunzioni biologiche, allora sì. Non è così però. La depressione non è l’appendicite. Le forme che può assumere il dolore cambiano a seconda del contesto sociale e ambientale di quella persona. Cambiano a seconda delle origini di quella sofferenza. Cambiano addirittura a seconda di come noi stessi ci relazioniamo con il paziente. E se non indaghiamo le cause profonde, interiori, da cui scaturisce la tristezza, non saremo mai in grado di fare una buona diagnosi. Questo sguardo però è escluso dal manuale di cui stiamo parlando».

giovedì 13 marzo 2014


L'accademia medico psicologica è sempre alla ricerca di nuove notizie da divulgare, in tale ricerca è emerso un interessante lavoro frutto dell'impegno del Centro per la Ricerca in Psicoterapia (CRP). Il CRP ha recentemente attivato il progetto di “Sostegno Psicologico Solidale” dedicato alle persone con maggiori difficoltà economiche. Il Centro per la Ricerca in Psicoterapia (CRP), fondato nel 1985, è una società scientifico-culturale che si occupa di favorire la ricerca sui metodi psicoterapici e promuovere la diffusione nel pubblico di corrette informazioni sulle psicoterapie. E’ sede della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-comportamentale e Intervento Psicosociale, riconosciuta dal MURST con D.M. del 16/06/03. In quanto Editrice, pubblica libri per i professionisti del settore e Psychomed, una rivista online di Psicoterapia, Psicologia della Salute e Medicina Comportamentale e Psicosociale. Si avvale di una Sezione Clinica, composta da una equipe di medici psichiatri, psicoterapeuti e psicologi che offrono servizi nel campo del miglioramento della salute fisica e psichica svolgendo attività di psicoterapia cognitivo comportamentale individuale e di gruppo, cicli di seminari informativi aperti a tutti e, su richiesta, interventi domiciliari.  Per maggiori informazioni consultare i siti: www.crpitalia.eu e www.crpitalia.it.
 

Ansia....in pillole!


A volte si nasconde dietro una sensazione di tremore e di debolezza alle gambe, un’abbondante sudorazione, un respiro affannoso e un senso di palpitazione al cuore; non di rado diventa eccessiva preoccupazione per il futuro, timore di non risolvere i problemi del momento e tendenza a torturarsi con i propri pensieri. Questi sono solo alcuni modi con cui si presenta l’ansia, compagna di vita di tutti noi. L’ansia, dunque, può essere definita come una sensazione sgradevole di apprensione e di aumento della tensione che si provano nel prevedere un certo problema; si differenzia dalla paura che invece è una reazione ad un pericolo immediato. Mentre la paura riguarda tendenzialmente una minaccia presente, l’ansia è relativa ad una minaccia futura, a qualcosa che potrebbe verificarsi.
Borgna, nel differenziare l’ansia dalla paura, definisce l’ansia come “un’esperienza improvvisa o continuata, di spaesamento e di inquietudine (di sventura imminente) che ha in sé qualcosa di in-determinato e di liberamente fluttuante”; definisce invece la paura come “uno stato d’animo, di un’espressione emozionale, che si indirizza su una situazione reale e concreta dotata, certo, della connotazione pericolo e di rischio ma non oscura e non ignota”.