Fonte: http://espresso.repubblica.it/visioni/scienze/2014/03/21/news/giu-le-mani-dalla-psiche-il-dsm-5-tutto-sbagliato-1.158037
«La fame di ricette semplici trova nel Dsm-5 la sua epifania più
sconvolgente». Così Eugenio Borgna, uno dei più grandi psichiatri italiani,
studioso della “dimensione profonda e soggettiva del disagio psichico”, come
ricorda su di lui la Treccani, commenta la quinta edizione del manuale di
riferimento per la salute mentale nel mondo: il cosiddetto “Dsm”. Firmato dall’
American Psychiatric Association , il tomo
che classifica l’animo umano in oltre 300 potenziali disturbi arriverà in
Italia il 28 marzo, tradotto da Raffaello Cortina .
Dopo tredici anni di lavoro e decine di migliaia di esperti coinvolti in studi
e conferenze, i guru statunitensi della mente hanno stabilito «un linguaggio
comune» per definire i nuovi «standard» con cui «la vita di milioni di
individui» può essere compresa nelle sue patologie (parole del presidente del
progetto, David Kupfer) mettendo nero su bianco quali sofferenze possono essere
chiamate «disturbi» e quali no, da quali avvisaglie possiamo capire se un
bambino è iperattivo o un amico depresso, secondo quali test (sì, ci sono anche
i questionari a crocette) la nostra ansia andrebbe curata con un blister oppure
la timidezza che mostriamo in pubblico avrebbe bisogno di una terapia. Uno
strumento apprezzato, utile, usato. Ma anche oggetto di profonde critiche.
«Come già aveva scritto Kafka, è più facile prescrivere delle ricette, fare
delle diagnosi, che non invece ascoltare chi sta male, perché quest’ultima cosa
esige tempo, esige attenzione, esige riflessione»: dal suo studio di Novara,
Borgna commenta così queste «tavole della legge che presentano soltanto
paradigmi esteriori», perché sconfessano in partenza, dice, quello che dovrebbe
essere il fondamento della psichiatria.
Cosa
c’è che non va nel manuale?
«Le premesse. Queste tavole chiedono che tutti guardino con gli stessi occhi
gli stessi sintomi. Sintomi che si dovrebbero ripetere identici in ogni parte
del mondo. Ma la tristezza, l’angoscia, la colpa, la volontà di morire, le
esperienze dell’animo umano non possono essere classificate come se si
trattasse di una pancreatite. Non basta riconoscere dei segni esteriori, dei
comportamenti evidenti, per stabilire cosa sta succedendo in quell’interiorità.
Queste tavole finiscono per escludere a priori l’unico elemento che conta
davvero quando si tratta di fare una diagnosi psichiatrica: la soggettività».
Non è
utile avere degli schemi che spieghino come riconoscere una malattia?
«Stiamo parlando di oltre 300 diagnosi. Ovvero di una furia classificatoria che
ha perso ogni giustificazione. Il “Dsm” è uno strumento utile quando si tratta
di circoscrivere e individuare i sintomi principali di malattie codificate come
la schizofrenia. Ma i mille occhi dei medici che hanno redatto queste 947
pagine arrivano a micro-visioni analitiche che rischiano di rendere patologica
ogni forma di sofferenza».
Pensa a disturbi come l’ansia sociale o
al fatto che il lutto non sia più inserito tra le “giustificazioni” per
escludere una diagnosi da depressione?
«Penso a tutte quelle descrizioni che sembrano suggerire l’idea per la quale
ogni ostacolo ci impedisca di corrispondere a una vita che scorra senza
problemi, senza cadute, senza dolore, senza tristezze, dev’essere etichettato
come patologico. Il “Dsm” è un edificio costruito su parole aride. Uno sguardo
rivolto ai segnali esteriori della malattia, che non considera
l’interpretazione della soggettività che si ha di fronte. Eppure solo
ascoltando l’altro potremo capire se la sua sofferenza è patologica oppure no».
Ma è
una necessità medica quella di dare delle regole scientifiche alla disciplina.
«Dipende da cosa consideriamo scientifico. Se pensiamo che la psichiatria sia
una scienza naturalistica, che si occupa di problemi riconducibili a
disfunzioni biologiche, allora sì. Non è così però. La depressione non è
l’appendicite. Le forme che può assumere il dolore cambiano a seconda del
contesto sociale e ambientale di quella persona. Cambiano a seconda delle
origini di quella sofferenza. Cambiano addirittura a seconda di come noi stessi
ci relazioniamo con il paziente. E se non indaghiamo le cause profonde,
interiori, da cui scaturisce la tristezza, non saremo mai in grado di fare una
buona diagnosi. Questo sguardo però è escluso dal manuale di cui stiamo
parlando».
Blog psicologico puntato verso il mondo e la scoperta della psiche. Uno spazio che proietta un passaggio tra emozioni, pensieri e comportamenti.
martedì 25 marzo 2014
giovedì 13 marzo 2014

Ansia....in pillole!

martedì 22 ottobre 2013
Liberi dall'inganno della dipendenza
Dott.ssa Elena Cortese – Unità Operativa
Complessa/Ser.T. ASL RM/C di Via Appia Antica 220 Direttore Dott. Claudio
Leonardi.
La dipendenza da droghe (meglio definibili come sostanze stupefacenti) è una dipendenza da sostanze chimiche estranee e nocive al nostro organismo, che si manifesta con un grande desiderio di assumere una sostanza, in anglosassone, il cosiddetto “craving”. Questa dipendenza può essere fisica e psicologica: è fisica perché l’organismo richiede con insistenza l’assunzione (in quantità sempre maggiore) di altra sostanza stupefacente, altrimenti non funziona; è, invece; psicologica perché l’assunzione della sostanza di abuso risulta molto gratificante e piacevole tanto che l’assuntore, anche per motivi legati alla dipendenza fisica, non riesce a farne a meno.
La droga cambia le persone e le annulla come esseri umani, ne impedisce la crescita spirituale e la maturità intellettiva; li mantiene dei "bambini" mai diventati adolescenti. Per questi motivi i tossicodipendenti non riescono ad occuparsi di se stessi autonomamente e sono “costretti” in un certo senso a chiedere aiuto, a cercare un sostegno di tipo "genitoriale" che, forse, non hanno mai ricevuto e vissuto. A questo si aggiungano i problemi correlati alla dipendenza fisica ed alle patologie correlate alla tossicodipendenza (Epatite C ed AIDS). Il Ser.T. è la sede sanitaria che può offrire questo tipo di assistenza a 360 gradi, sia medica, che psicologica, che sociale. In tali strutture, infatti, esiste personale qualificato che da anni ormai lavora ed opera con la realtà delle “dipendenze patologiche”. Medici, psicologi, assistenti sociali, psichiatri e infermieri, ogni giorno sono impegnati in un lungo e difficoltoso cammino di ricostruzione dell’individuo con problemi di dipendenza, con l’obiettivo del pieno reinserimento nel tessuto sociale e lavorativo.
mercoledì 20 giugno 2012
Estate della prevenzione psicologica
La Società Cooperativa ReciprocaMente
e l'Accademia Medico Psicologica, in occasione dell'ormai prossima estate
romana, propongono un ciclo di incontri sull'ansia, la depressione, l'obesità
infantile e scuola, inoltre offrono la possibilità di usufruire di una
consulenza gratuita sui temi inerenti il disagio psicologico e sessuologico.
Inoltre saranno proiettati film di interesse socio-psicologico. Gli incontri si svolgeranno nelle seguenti date:
21giugno, 5 e 19 luglio, 2 e 23 agosto, 20 settembre dalle ore 18:00 alle ore
19:30. Le consulenze si terranno nelle date del 21 e 28 giugno, 5, 12, 19 e 26
luglio, 2, 9, 23 e 30 agosto, 13 e 20 settembre. Le date del cineforum sono ancora
da stabilire. Per ulteriori informazioni e prenotazioni rivolgersi a:
info@amepsi.it
www.reciprocamente-onlus.it
www.amepsi.it
www.reciprocamente-onlus.it
www.amepsi.it
mercoledì 16 maggio 2012
Crisi economica e suicidio: unica strada possibile?!
“Ancora
un suicidio per colpa della crisi, si impicca imprenditore disperato”
sembra essere notizia ricorrente di
quest’ultimi mesi, durante i quali l’attenzione alla condizione finanziaria
occidentale è salita diventando stato d’allerta.
È realtà innegabile che ci troviamo in un
periodo storico-economico difficile, c’è da considerare tuttavia che la
preoccupazione che questa realtà genera nella cultura occidentale è sicuramente
diversa rispetto a quelle culture in cui il benessere materiale non c’è stato,
non c’è tutt’ora e per molto altro tempo probabilmente non ci sarà.
La
psicologia ci dà ragione del fatto di come non sia l’evento in sé a scatenare
il disagio psicologico ma la percezione di esso, a ragione di ciò il processo
di cambiamento non parte certo stravolgendo la realtà oggettiva, ma modificando
gli schemi di lettura della stessa da parte dell’individuo. Così facendo quello
che sembrava un tunnel senza uscita di malessere e impotenza si trasforma in
una mappa di strade possibili.
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