martedì 23 giugno 2015

L’ITALIA IN… FERTILE Fotografia psicosociale della genitorialità oggi


Il carattere sempre più autonomo e responsabile che il cittadino mostra oggi nei confronti del proprio benessere fa di salute e malattia il terreno su cui si misurano bisogni individuali e collettivi, esigenze e alterazioni biofisiche. Avere dei figli è un diritto e rappresenta il futuro della nostra società, ma pare un valore messo sempre più in dubbio nel nostro Paese. 
La Costituzione italiana tutela la procreazione cosciente e responsabile e riconosce la sterilità o l’infertilità come una condizione clinica critica. In linea con questo, la letteratura scientifica internazionale ha descritto bene il disagio psicologico che il singolo o la coppia, interessata ad avere figli, provano quando non riescono nel loro obiettivo¹: l’impatto dell’infertilità sul funzionamento psicologico o sull’equilibrio della coppia può esser molto forte ².
Più precisamente, l’OMS parla di infertilità dopo almeno 12 mesi di rapporti sessuali frequenti e non protetti (primaria se la donna non è riuscita a portare a termine neanche una gravidanza), mentre la sterilità si riferisce a una condizione generalmente stabile, maschile e/o femminile, che non permette il concepimento³. Questo fenomeno sembra in aumento sia perché le coppie decidono sempre più tardi di avere un bambino sia per ragioni di tipo biologico maschile, femminile o di coppia. 
Le malattie infettive e stili di vita scorretti sono tra le cause principali. A queste si aggiungono fattori stressanti (a carico del benessere psicofisico soggettivo) e ambientali (per esempio l’inquinamento o le difficoltà eonomiche) sfavorevoli. L’infertilità colpisce oggi il 15-20% delle coppie in Europa e secondo l’Istituto Superiore di Sanità (consultazione del 5 giugno 2015) in Italia la percentuale è in linea con il dato europeo. Lo stato dell’arte del mondo della fertilità in Italia sembra aver colto la complessità di questa materia. Nelle ultime settimane, il 27 maggio 2015, il Ministero della Salute ha presentato il Piano Nazionale per la Fertilità (“Difendi la tua fertilità, prepara una culla per il tuo futuro”)4 in materia di tutela, conoscenza e prevenzione della salute riproduttiva. 
Le azioni proposte e l’istituzione del “Fertility Day” (7 maggio) mirano alla sensibilizzazione al tema, all’informazione dei cittadini, allo sviluppo di una conoscenza adeguata e ad un’assistenza sanitaria qualificata. Il Piano in questione riconosce il profilo multidisciplinare della condizione clinica d’infertilità, che dovrebbe esser sostenuta dall’accoglienza, attraverso l’orientamento, fino alla decision making riguardo eventuali diagnosi e trattamenti. 
La presenza dello psicologo clinico che accolga la coppia è riconosciuta basilare “a partire dalla consultazione iniziale e nel proseguo degli incontri successivi, sia per alleggerire le ansie legate al trattamento stesso, sia per aiutare la coppia ad elaborare le inevitabili reazioni dolorose in caso di insuccesso” (si veda al proposito le tecniche di restituzione e comunicazione del referto). Il passo in avanti del Piano Nazionale non riguarda solo le tecniche di PMA, bensì i fattori protettivi della “buona salute riproduttiva” già dall’età prepubere. “Aver cura della propria salute riproduttiva e sessuale fin dall’infanzia è indispensabile per evitare che patologie o comportamenti scorretti e dannosi possano compromettere la fertilità futura. 
La salute sessuale e riproduttiva è un importante aspetto della crescita e dello sviluppo, in particolare in età adolescenziale, e il sistema scolastico non può mancare di un programma su larga scala di informazione ed educazione sessuale, rivolto ai due sessi (l’esperienza maschile è approfondita perché spesso ignorata sia da un punto di vista educativo che da un punto di vista preventivo). 
Ciò che colpisce è la mancanza di un link tra le buone proposte sanitarie e la responsabilità della propria sessualità da parte dei protagonisti di queste campagne, che spesso non si interessano di questi aspetti se non quando, forse, è troppo tardi. I tassi di denatalità confermano queste riflessioni e dovrebbero spingerci come professionisti del benessere, e come persone, a porci più domande relative al nostro destino generazionale. La diminuzione di prospettive lavorative procrastina la “necessità di diventare grandi” e con essa eventuali progetti familiari e sociali. 
Questo tema pare aver colpito l’attenzione politica, adesso merita senz’altro la nostra! 

Dott.ssa Giulia Ulivi


BIBLIOGRAFIA 

1.
 Chachamovich, J.L., Chachamovich, E., Ezer, H., Cordova, F.P., Fleck, M.M., & Knauth, D.R., Passos E.P. (2010). Psychological distress as predictor of quality of life in men experiencing infertility: a cross-sectional survey. Reproductive Health 7(3).
Hart, V.A. (2002). Infertility and the role of psychotherapy. Issues Mental Health Nursing. 23, 31-41.

2. 
Peterson, B. D., Newton, C. R., Rosen, K. H., & Skaggs, G. E. (2006). Gender differences in how men and women who are referred for IVF cope with infertility stress. Human Reproduction, 21(9), 2443-2449.

3. 

World Health Organization. Reproductive Health Indicators for Global Monitoring: Report of the Second Interagency Meeting. Geneva: World Health Organization. 2001.

4. Piano Nazionale Fertilità visionabile su http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2367_allegato.pdf


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