mercoledì 24 agosto 2011

cineforum psicologico: -TANGUY-

Titolo Originale: TANGUY

RegiaEtienne Chatiliez

InterpretiAndré Dussolier, Sabine Azema, Eric Berger

Durata: h 1.40
NazionalitàFRANCIA 2001
Generecommedia
Trama: Tanguy ha trentadue anni, un Dottorato in Filosofia, parla varie lingue tra cui cinese e giapponese. E' brillante, educato e anche affascinante. Per i suoi genitori è un figlio modello, con un solo piccolo difetto, vive ancora con loro e non ha la minima intenzione di andarsene.




Discussione in chiave psicologica:

Tanguy è un film francese ed i francesi amano rappresentare il sociale nei loro film, così ogni elemento di queste pellicole diventa un significativo scorcio della società. I genitori di Tanguy, i reali protagonisti del film, incarnano la trasformazione della società. Sono ex sessantottini, imborghesiti a tutti gli effetti si ritrovano su una spalla il peso di un figlio adulto che non vuole spiccare il volo; sull’altra spalla la madre anziana piena più che mai di vita che reclama il diritto alla propria assistenza. Quindi i genitori sono un anello di congiunzione tra giovinezza e vecchiaia. Nel film un anello che si riduce rovinosamente in frantumi tanto che ne accadono di tutti i colori. Anzi sono tutte queste situazioni che vanno formando, in un crescendo doloroso, il nutrimento comico del film. Il problema principale è che oltre ad essere commedia, il film è anche denuncia sociale nei confronti dei giovani che non riescono a distaccarsi dalla famiglia.
Qualcuno ironicamente li definisce “bamboccioni” o “adultescenti”, operando un connubio tra adolescenti ed adulti. Giovani che fondamentalmente continuano a restare in casa dei genitori, anche se da un pezzo hanno superato l’età in cui ci si aspetta socialmente una separazione, una sorta d’ esistenza autonoma. Quali sono le cause, i motivi, le ragioni?                                                                                                                    
A volte si tratta semplicemente, senza cenni di  dietrologie, di problemi di natura economica. La società è divenuta maggiormente complicata e non è facile ottenere un lavoro stabile-sicuro che ti permetta di realizzare progetti a lungo termine, per non parlare dell’acquisto di una casa, la concessione di un mutuo bancario. Però come la mettiamo per quei giovani che pur non avendo problemi economici continuano a vivere a casa con i genitori? Incredibilmente delle volte è proprio la famiglia a non volerlo. Apparentemente i genitori possono affermare il contrario, magari lamentandosi con frasi del tipo “quanto mi costi” o “hai scambiato questa casa per un albergo?", ma indirettamente possono comunicare il contrario.  Sembra strano, ma uno dei più grossi ostacoli all’emancipazione del figlio-a è rappresentato dai genitori. I quali, in buona fede e senza accorgersene, sono assai preoccupati di dover sopportare una separazione dal rapporto più intenso e viscerale che abbiano mai avuto. Devono superare quella che in psicologia viene definita "sindrome del nido vuoto". E' l'occasione per un bilancio, spesso amaro, della propria esistenza. I figli hanno dato luce e gioia a chi si sentiva inutile, incompreso, inadeguato. Hanno dato un senso alla vita, voglia di lottare, il giusto orgoglio di essere genitori, "brava gente" che hanno una famiglia a cui pensare. E adesso? Cosa-chi riempirà questo vuoto? Forse il partner non è un granché e il rapporto si è affievolito nel tempo, magari la mancanza dei figli lo renderà ancora più grigio. Questi sono alcuni dei problemi che si presentano ai genitori. Il più grosso è quello di trovare nuovi motivi di vita, nuove occasioni di sentirsi utili e vivi. L'altro è quello di rinegoziare il rapporto con il proprio partner. Distaccarsi dai figli ci fa sentire invecchiati. Finché qualcuno ha bisogno di noi in fondo è facile sentirsi responsabili ed utili. Si vive un lutto, anche se in fondo non è morto nessuno: essere lasciati dai figli fa ricordare altre esperienze tristi in cui si è stati lasciati da altre persone considerate importanti. Anche il ragazzo sente il dolore dell'allontanamento, ma è in una posizione privilegiata, poiché è ancora giovane e pieno di speranze e comunque mamma, papà saranno sempre lì se qualcosa va storto. Egli ha tutta la vita davanti: amore, carriera, speranze; in genere non ha ancora avuto batoste, delusioni, fallimenti. Per quanto riguarda i giovani, questi sembrano rispecchiare l’immagine di una società attuale ripiegata sul presente. Forse una delle chiavi di lettura delle cause che ostacolano e tarpano le ali ai giovani è la paura per il futuro. In una società che insegue il piacere in ogni modo, impantanata nella giostra delle gioie effimere, i giovani prediligono il presente e hanno difficoltà a prendere in mano il timone della propria vita, preferendo scelte reversibili, senza imboccare la via dell’autonomia. Senza nasconderci dietro un dito dobbiamo anche dire che per molti di loro è comodo vivere coi genitori, sapendo che la madre continuerà a lavare e stirare, fare la spesa e cucinare, rifare il letto ogni giorno. Ma di quale libertà e autonomia stiamo parlando? Per molto tempo, la famiglia italiana ha fatto dell’iperprotettività un cavallo di battaglia. La famiglia iperprotettiva è riassumibile in una frase: «caro figlio nostro, dicci cosa ti manca e te lo procureremo noi». E’ la famiglia del «pronto soccorso» preventivo, del dare di tutto e di più, di risparmiare ogni difficoltà all’adorato figlio/a che, così, mai si metterà alla prova. Se ha eventuali talenti li lascerà atrofizzare, maturerà l’idea che tutto gli spetti senza impegno alcuno. Ma una «gabbia d’oro» resta pur sempre una gabbia e vi si cresce inalando il veleno di questo messaggio indiretto di mamma e papà: «lascia fare a noi, tanto tu non sei capace». Famiglia iperprotettiva definita anche simbiotica o a guscio. Osservata da fuori, la famiglia iperprotettiva somiglia a quella degli spot pubblicitari. Un luogo protetto ideale dove ogni mossa dei diversi componenti della famiglia viene seguita con affetto e apprensione e il mondo esterno e le sue insidie vengono neutralizzati dalla cortina di ferro dell'affetto artefatto. Anche se non sembra, è un tipo di famiglia autoritaria. “Ti voglio bene finché farai quello che dico io”. I rapporti di interdipendenza creano simbiosi ed iperprotettività.  Di solito la simbiosi è maggiormente sostenuta dalla madre, meno dal padre, però non è detto. Generalmente questi genitori considerano il figlio, o i figli, come un prolungamento del loro sé. L’interessato-a risponde simmetricamente alla dipendenza ritenendola giusta. Questi genitori eccessivamente preoccupati per il figlio, iniziano un rapporto di assillo. L’ansia presto tramuta l’interdipendenza in un controllo ossessivo, in interferenze ed intromissioni indebite che denudano la persona dell’autonomia così come spirito d’iniziativa. Tutto questo va a minare sempre di più l’autostima della persona, la fiducia nelle proprie capacità, rendendola incapace di vivere da sola ed essere in grado di affrontare gli eventi della vita. A questo proposito vorrei scrivervi del Disturbo Dipendente di Personalità. Il Disturbo Dipendente di Personalità comporta una situazione eccessiva di essere accuditi, che determina comportamento sottomesso e dipendente e timore della separazione, che compare nella prima età adulta. Chi ha il disturbo dipendente di personalità si caratterizza per la totale incapacità di vivere in maniera autonoma. La dipendenza è così estrema da essere patologica. Sono incapaci di prendere le decisioni da soli e di assumersi anche la più semplice responsabilità. Quando posso preferiscono demandare agli altri le proprie scelte (per esempio la gente da frequentare, il lavoro da svolgere, le attività da intraprendere nel tempo libero, i vestiti da indossare ecc.) Così si affidano totalmente al partner, ai genitori, ai superiori nel lavoro, agli amici, sempre alla ricerca di qualcuno che dica loro cosa fare e come comportarsi, autoregolandosi in un ruolo completamente passivo. Le persone dipendenti sono sottomesse, costantemente bisognose di consigli e rassicurazioni, riluttanti ad esprimere le proprie opinioni per paura di essere in disaccordo con gli altri. Chiuse, schive, inibite, si sentono indifese quando sono sole: vivono infatti nel terrore di essere abbandonante e sono letteralmente sconvolte quando qualche relazione stretta finisce. Sono disposte a fare cose spiacevoli e degradanti per riuscire gradite, pur di evitare di essere lasciate sole (un caso tipico è quello di una moglie che sopporta violenze fisiche e psicologiche pur di non perdere il marito). È stato osservato che spesso gli individui dipendenti provengono da famiglie che hanno in qualche maniera comunicato loro che l’indipendenza è piena di pericoli e che per questo va evitata. Si tratta di nuclei familiari caratterizzati dall’esercizio del controllo, con madri ipercoinvolte ed intrusive. Di solito esiste una storia di subdole ricompense per aver dimostrato dipendenza verso i genitori. In un contesto di questo genere il bambino impara a rinunciare all’autonomia e ad affidarsi completamente agli altri anche per le questioni più banali.
                                                                                           Alessandro Bruzzese

5 commenti:

  1. Ciao, complimenti bel blog! Mi piacciono i film psicologici... C’è in italiano questo film o solo in francese? Simone

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  2. Ciao! L’ho visto e lo consiglio a tutti, una vera commedia che oltre a far rider fa riflettere (per intenderci lontano mille miglia dal cine-panettone di De Sica e Boldi). Interessante il commento del film. Mi sapresti consigliare altri film di contenuto psicologico? Grazie

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  3. -Ciao Simone lo trovi tranquillamente in lingua italiana Tanguy, grazie dei complimenti ;)

    -Caro o cara anonimo-a, scrivo così perché non c’è il tuo nome nel commento :), ti consiglio direttamente i film psicologici che abbiamo affrontato nel nostro ultimo cineforum “Ciak-Personalità-Azione”: Qualcosa è cambiato”; A Beautiful Mind; Scoprendo Forrester; Da morire; Tanguy; Ragazze interrotte.
    Se può interessarti il prossimo cineforum ripartirà a metà Gennaio 2012, troverai tutti i riferimenti nel sito internet dell’Accademia Amepsi (http://www.amepsi.it/) o nella sua pagina Facebook. A presto
    Alessandro

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  4. Grazie gentilissimo! A parte “A Beautiful Mind” gli altri non li ho ancora visti. Comunque mi chiamo Giulia :)

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  5. Troppo divertente Tanguy che fa infuriare i genitori, infilando in ogni frase che dice un proverbio cinese!
    Gianluca

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