Non
siamo più potenti di un pipistrello
Dott.ssa Stefania Attanasi
…Senza
voler ricadere nell’esagerata interpretazione medievale della
punizione divina (peste= flagello di Dio) è un dato di fatto che da
quando siamo chiusi tutti in casa ed abbiamo interrotto la nostra
irrefrenabile produttività a causa del Covid-19, dopo pochissimi
giorni l'aria della Cina è meno inquinata, l'acqua dei canali di
Venezia più pulita e le strade di Roma svuotate di rifiuti.
Anch’io mi sono fermata, e tra le cose belle fatte in questi giorni di isolamento, sono andata a ripescare un testo di G. Bateson, le cui parole potrebbero dare forse un senso a ciò che sta accadendo adesso al nostro pianeta:
"Le
patologie dei processi sistemici insorgono proprio perché la
costanza e la sopravvivenza di un qualche sistema più vasto vengono
mantenute mediante cambiamenti nei sottosistemi costituenti".
("Verso un'ecologia della mente" 1972, p.390)
Con
queste parole il noto biologo intende dire che quando un sistema
vivente più ampio, come ad esempio l’ambiente in cui viviamo, è
a rischio, la logica della natura sacrifica al cambiamento sempre i
suoi sottosistemi più piccoli. Secondo Bateson, infatti, la
logica della natura è profondamente diversa e più complessa della
semplice logica della sopravvivenza e dell’adattamento di una
singola specie. E ancora aggiunge: “I maggiori problemi del mondo
derivano proprio dalla differenza tra come funziona la natura ed il
modo in cui gli esseri umani pensano.”
…Come noto a tutti, l'uomo esercita un'influenza sempre crescente sull’ecosistema in cui vive (sul clima, sulla temperatura, ecc.) con attività come la combustione di fossili, la deforestazione, l'allevamento intensivo di animali, ecc. Queste attività aggiungono enormi quantità di gas nell’atmosfera, provocando il surriscaldamento globale e da qui, a catena, lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento del livello dei mari, l’acidificazione degli oceani, la perdita di biodiversità, ecc.
Quasi
certamente la natura possiede dei meccanismi interni autocorrettivi
per autoproteggersi e resistere anche allo strapotere esercitato
dall’uomo. Ma, in questa catena complessa di eventi in cui l’uomo
costituisce solo un piccolissimo anello, chi può dire quale sia la
causa e quale l’effetto di un fenomeno? In effetti nessuno è in
grado ancora di conoscere le cause certe della pandemia e tante sono
le speculazioni a riguardo. La percezione più diffusa però tra la
gente è che il virus sia sopraggiunto come una sorta di punizione
per le azioni poco etiche commesse dall’uomo sull’ambiente e
sulle altre biodiversità. E’ forse troppo fantasioso pensare che
questo virus sia giunto per fermare l’inarrestabile macchina umana
e ristabilire certi equilibri naturali più “sacri” che l’uomo
stesso osa sfidare da troppo tempo? Non siamo forse adesso
costretti a ripensare al nostro modo di vivere, alle nostre
abitudini, alla relazione che abbiamo con l’ambiente e con tutte
le altre specie viventi? E mentre attendiamo dalla scienza
una soluzione a questa pandemia, un vaccino o una cura, la stessa
tecnologia non è in grado di fornire un numero sufficiente di
respiratori per salvare tante vite umane. Come mai? Probabilmente
nel momento in cui si producono gli strumenti o i medicinali utili,
la preoccupazione dominante è quella degli introiti economici e non
dell’eventuale fabbisogno.
L’irrefrenabile
corsa alla produttività ed al consumismo dell’uomo porta a
conseguenze importanti e gravi sull’ecosistema terreste, sulle
biodiversità e sull’uomo stesso….
Questo virus sta certamente ricordando alla nostra specie l'infinita piccolezza e fragilità da cui siamo partiti nell'ambito delle biodiversità. E poichè non siamo stati in grado di stare dentro i limiti del rispetto per le altre specie che la natura ci aveva imposto, non come impedimento ma come ulteriore possibilità di dimostrare la nostra grandezza, la natura stessa ci sta riportando alla condizione di fragilità iniziale.
Non
siamo più potenti di un pipistrello, di un orso polare, di un
albero, di un fiore, dell’aria che respiriamo, dell’acqua che
beviamo.
Dott.ssa Stefania Attanasi
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